La domanda di condono non può essere accettata se non si pagano in tempo le rate dell’oblazione e degli oneri concessori. I termini sono previsti dalla legge e sono tassativi, quindi se non vengono rispettati scatta la demolizione.
Si è espresso in questi termini il Consiglio di Stato con la sentenza 1514/2018.
I giudici hanno spiegato che la Legge 326/2003 (secondo condono edilizio) ha previsto dei termini per il pagamento di oblazione e oneri concessori: 10 dicembre 2004 per la prima rata, 31 maggio 2005 per la seconda e 30 settembre 2005 per la terza.
Si tratta, scrive il Consiglio di Stato, di termini tassativi previsti dalla legge. La legge sul condono ha infatti introdotto una deroga alle norme che disciplinano l’assetto del territorio, motivata dalla necessità di reperire risorse finanziarie attraverso le oblazioni richieste per concedere la sanatoria.
Questo ha significato solo se, entro un periodo di tempo ben definito, si realizzano tutte le condizioni disposte dalla legge. Nella sentenza si legge che “consentire in via interpretativa una dilazione al pagamento delle oblazioni stesse comporterebbe, viceversa, una lesione duplice, perché i valori sottesi alla programmazione del territorio sarebbero violati ugualmente, senza al contempo ottenere i ricavi finanziari auspicati.
Nel caso preso in esame dai giudici, il proprietario di un immobile aveva effettuato un intervento di sopraelevazione con creazione di due unità immobiliari. Aveva chiesto la sanatoria ai sensi della Legge 326/2003, ma il Comune aveva respinto l’istanza perché non aveva pagato né la cifra esatta relativa alla prima rata dell’oblazione e degli oneri concessori, né la seconda e la terza rata.
Il proprietario sosteneva che il Comune avrebbe dovuto invitarlo a regolarizzare la domanda di sanatoria invece che emettere subito il provvedimento di diniego e l’ordine di demolizione.
Sia il Tar sia il CdS hanno invece confermato l’ordine di demolizione dell’abuso.
fonte: edilportale