Consumare meno energia, incrementare l’efficienza energetica e usare sempre di più le fonti rinnovabili per produrre energia consente di risparmiare denaro e di migliorare la qualità dell’ambiente.
L’approfondimento di oggi presenta gli impianti per produrre energia da fonti rinnovabili nelle abitazione senza rinunciare al comfort abitativo ma, anzi, ottenendo vantaggi economici (bollette meno care) e ambientali (consumo ridotto di combustibili fossili).
L’Europa ha evidenziato l’importanza di ridurre le emissioni di CO2 attraverso politiche finalizzate ad un uso più efficiente dell’energia e all’incremento di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili, richiedendo agli Stati membri di conseguire questi obiettivi entro il 2020.
Infatti la direttiva Energie rinnovabili, adottata mediante codecisione il 23 aprile 2009 (direttiva 2009/28/CE), ha stabilito che una quota obbligatoria del 20% del consumo energetico dell’UE deve provenire da fonti rinnovabili entro il 2020, obbiettivo ripartito in sotto-obbiettivi vincolanti a livello azionale, tenendo conto delle diverse situazioni di partenza dei paesi.
L’UE ha già iniziato la preparazione per il periodo successivo al 2020; l’energia rinnovabile svolge un ruolo fondamentale nella strategia a lungo termine (2050) della Commissione che mira al raggiungimento di una quota di energia rinnovabile pari ad almeno il 30% entro il 2030.
Nella comunicazione del 6 giugno 2012 dal titolo «Energie rinnovabili: un ruolo di primo piano nel mercato energetico europeo», la Commissione ha però individuato i settori in cui occorre intensificare gli sforzi entro il 2020 affinché la produzione di energia rinnovabile dell’UE continui ad aumentare fino al 2030 e oltre, e in particolare affinché le tecnologie energetiche rinnovabili divengano meno costose, più competitive e, in ultima analisi, basate sul mercato e affinché vengano incentivati gli investimenti nelle energie rinnovabili. Un settore particolarmente degno d’attenzione è quello civile.
Le Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) stanno assumendo un peso sempre maggiore nella produzione energetica a livello mondiale, grazie alle loro caratteristiche di “inesauribilità” e minimo impatto ambientale, in quanto non producono gas serra né scorie inquinanti.
Tra le fonti di energia rinnovabili c’è la radiazione solare, il moto dell’acqua, il vento, le biomasse, il calore presente nelle profondità della terra ecc.
Le fonti rinnovabili che si possono usare nella abitazioni sono:
– impianti solari fotovoltaici (per produrre energia elettrica);
– impianti solari termici (per soddisfare le esigenze di acqua calda);
– impianti geotermici (per produrre calore dal sottosuolo);
– impianti microeolici (per produrre energia elettrica dal movimento del vento).
La tecnologia fotovoltaica permette la produzione di energia trasformando le radiazioni solari in elettricità direttamente e senza l’utilizzo di alcun combustibile.
Gli impianti fotovoltaici possono essere isolati (stand-alone), ovvero non collegati alla rete elettrica e perciò dotati di un sistema di batterie che può garantire l’erogazione di corrente anche nelle ore di assenza di luce. Questa tipologia è poco utilizzata per le utenze domestiche e viene maggiormente utilizzata per sistemi di illuminazione pubblica o impianti pubblicitari.
Gli impianti collegati alla rete (grid-connected) sono impianti stabilmente collegati alla rete elettrica nazionale e non hanno bisogno di sistemi di batterie in quanto la rete può sopperire alle mancanze del sistema. In più in questa soluzione l’eventuale surplus di energia prodotta dal sistema fotovoltaico viene trasferito alla rete e contabilizzato.
Un impianto fotovoltaico di solito è costituito da un generatore (il cui componente elementare è la cella), da un sistema di condizionamento e controllo della potenza (inverter), da un eventuale sistema di accumulo dell’energia e dalla struttura di sostegno.
I moduli fotovoltaici in commercio sono costituiti da un insieme di celle (generalmente 36 celle disposte su 4 file parallele e collegate in serie); più moduli in serie formano un pannello, ovvero una struttura ancorabile al suolo o ad un edificio. Più pannelli collegati in serie costituiscono una stringa e più stringhe costituiscono il generatore fotovoltaico.
I moduli fotovoltaici generalmente sono realizzati in silicio e si distinguono principalmente in:
– moduli in silicio monocristallino;
– moduli in silicio policristallino;
– moduli in silicio amorfo.
Grazie alle innovazioni tecnologiche degli ultimi anni è possibile anche integrare i moduli fotovoltaici nelle coperture e nelle facciate degli edifici. Gli impianti integrati infatti possono essere utilizzati come elementi di rivestimento degli edifici, anche in sostituzione di componenti tradizionali.
Il trasferimento dell’energia dal sistema fotovoltaico all’utenza avviene attraverso ulteriori dispositivi inverter (sistema di condizionamento e controllo della potenza) che trasformano in corrente alternata la corrente continua generata dai moduli.
Gli impianti solari termici sono costituiti da pannelli che producono acqua calda sfruttando l’energia del sole; la radiazione solare riscalda un liquido che circola all’interno dei pannelli che poi trasferisce il calore assorbito a un serbatoio di accumulo d’acqua che verrà accumulata nel serbatoio al posto dell’acqua prodotta da una caldaia o da uno scaldacqua elettrico.
Un impianto solare termico è generalmente costituito dal pannello e dal serbatoio di accumulo dell’acqua; la circolazione del fluido termoconvettore tra il pannello e il serbatoio può avvenire naturalmente o forzatamente per mezzo di una pompa elettrica. In entrambi i casi gli impianti producono acqua calda che può essere utilizzata direttamente o che può essere inviata ad una caldaia.
Esistono vari tipi di pannelli solari adatti a soddisfare le differenti esigenze; tra questi ci sono i pannelli scoperti, quelli vetrati, vetrati con serbatoio integrato, quelli sottovuoto ecc. I pannelli scoperti, meno diffusi in ambito domestico, sono privi di copertura e l’acqua passa all’interno dei tubi del pannello e viene riscaldata dai raggi solari e poi direttamente utilizzata. In genere questa tipologie è utilizzata per attività stagionali come i campeggi.
I pannelli solari vetrati, più diffusi, sono costituiti da un contenitore (metallico o plastico) in cui viene alloggiata la parte che ha la funzione di captare l’energia solare e trasmetterla ad un fluido termoconvettore. Questa parte generalmente consiste in un fascio tubiero a serpentina (in plastica, gomma o metallo), colorato di nero per avere il massimo assorbimento e la minima riflessione della radiazione solare incidente. Questo contenitore è coperto da uno strato trasparente di vetro o plastica che trattiene all’interno la radiazione infrarossa riemessa dalla serpentina.
Tra i pannelli vetrati ci sono quelli con serbatoio integrato in cui il serbatoio d’accumulo è parte integrante del pannello; di conseguenza l’acqua contenuta nel pannello, una volta riscaldata dal sole, viene direttamente utilizzata.
Infine i pannelli solari sottovuoto sono caratterizzati dal vuoto creato all’interno del contenitore che consente di ridurre al minimo le dispersioni di calore per convezione, rendendo le prestazioni del pannello costanti in ogni stagione.
L’energia eolica è quella posseduta dal vento e viene utilizzata per produrre energia elettrica attraverso aereogeneratori che basano il loro funzionamento su pale spinte dal vento.
Per la propria abitazione però si può ricorrere ad impianti minieolici, con potenze da 1 a 20 kW che possono essere allacciati alla rete elettrica usufruendo dello scambio di energia sul posto.
L’utilizzo dell’energia geotermica per il riscaldamento domestico soffriva, fino a pochi anni fa, di due gravi limitazioni, che ne hanno impedito drasticamente la diffusione: era possibile solo con temperature relativamente alte (60 – 80°C) e soltanto nelle dirette vicinanze dei campi geotermici; si trattava, quindi, di un uso diretto del calore endogeno e di conseguenza non era possibile trasportare il calore troppo lontano dalla fonte.
I recenti sviluppi tecnologici ora permettono, attraverso l’uso di particolari apparecchiature, dette pompe di calore, di sfruttare il calore della Terra anche quando le temperature non sono particolarmente alte (12 – 14 °C) non per la produzione di energia elettrica, ma per ricavarne calore per il riscaldamento domestico o per altri usi industriali. Questo ha permesso, in qualunque condizione geologica o climatica, di ricavare energia sufficiente per far fronte ai normali consumi per riscaldamento e acqua calda di una famiglia.
Un impianto di geotermia domestica è molto semplice ed è composto da tre elementi principali:
• i sensori o sonde geotermiche: sono delle semplici tubature inserite nel terreno con il compito di assorbire il calore del sottosuolo. Affinché lo scambio di calore con il terreno sia più efficace, sono riempite di un fluido detto “termovettore”, ad elevata conducibilità termica;
• la pompa di calore, o termopompa: è il “cuore” del sistema ed è un generatore che utilizza il calore estratto dalle sonde per renderlo sfruttabile dall’impianto di distribuzione;
• il sistema interno di distribuzione del calore: è il normale impianto di distribuzione del riscaldamento presente in tutte le abitazioni. Tuttavia, perché il sistema possa sfruttare al massimo l’energia geotermica, riducendo al minimo gli apporti di energia elettrica dall’esterno, è consigliabile che sia del tipo a bassa temperatura (35° C), per esempio, a pannelli radianti, invece dei normali termosifoni, che utilizzano acqua ad alta temperatura (60- 70°C).
Per “catturare” il calore del sottosuolo, si utilizzano due tipologie di sonde, in funzione della profondità di installazione. Per utilizzare l’energia geotermica vera e propria, si realizzano le cosiddette “sonde verticali” che vengono calate in pozzi di profondità variabile (per un’abitazione di circa 100 mq è di circa 70- 100 m).
Per utilizzare invece l’energia assorbita dal terreno dall’irraggiamento solare, si utilizzano i cosiddetti “sensori orizzontali” che funzionano in maniera simile alle sonde verticali, ma invece di scendere in profondità con un pozzo, si stende una serpentina di tubi (di rame o polietilene) interrati ad una profondità di circa 60 cm (al di sotto dello strato più superficiale del suolo, che potrebbe gelare durante l’inverno).
fonte: edilportale