É considerato uno dei principali premi per l’architettura nel mondo, una sorta di Premio Nobel per l’architettura. Istituito nel 1979 ha premiato ogni anno architetti di fama internazionale, Aldo Rossi e Renzo Piano tra gli italiani premiati rispettivamente nel 1990 e nel 1998.
Il Pritzker Architecture Prize viene “assegnato ogni anno per onorare annualmente un architetto vivente le cui opere realizzate dimostrano una combinazione di talento, visione e impegno, e che ha prodotto contributi consistenti e significativi all’umanità e all’ambiente costruito attraverso l’arte dell’architettura” si legge sul sito dell’istituzione fondatrice.
E sono proprio queste le motivazioni che hanno portato alla premiazione dell’architetto burkinabé Diébédo Francis Kéré.
Nato in Burkina Faso e formato in Germania presso la facoltà di Architettura della Technische Universität di Berlino, Diébédo Francis Kéré è tra i più apprezzati e premiati architetti degli ultimi anni (Aga Khan Award for Architecture nel 2004, Premio Global Award for Sustainable Architecture nel 2009, Premio Regional Holcim Award Gold nel 2011 e Premio Global Holcim Award Gold nel 2012).
“Tutti meritano la qualità, tutti meritano il lusso e tutti meritano il comfort. Siamo interconnessi e le preoccupazioni per il clima, la democrazia e la scarsità sono preoccupazioni per tutti noi” una frase che racchiude tutta la visione dell’architetto noto per la convinzione del potenziale trasformativo della bellezza; la volontà di non scendere a compromessi sul fronte della qualità, sviluppando in loco soluzioni capaci di arginare gli ostacoli (economici, sociali, climatici) dell’area di intervento.
Su queste premesse nasce la sua prima opera importante la Gando Primary School (2001) basata su principi di progettazione che assicurano il comfort climatico e il contenimento dei costi, sfruttando i materiali locali e il potenziale della comunità del villaggio, e adattando le tecnologie moderne al contesto locale.
Nell’attribuirgli l’onorificenza, la giuria – formata quest’anno da Aravena, Barry Bergdoll, Deborah Berke, Stephen Breyer, André Aranha Corrêa do Lago, Kazuyo Sejima, Wang Shu, Benedetta Tagliabue e da Manuela Lucá-Dazio (al debutto in qualità di Executive Director dopo la lunga stagione nel segno di Martha Thorne) –, ha evidenziato che “l’intero corpus di opere di Francis Kéré ci mostra il potere della materialità radicata nel contesto. I suoi edifici, per e con le comunità, appartengono chiaramente a quelle comunità – nella loro creazione, nei loro materiali, nei loro programmi e nei loro caratteri unici. Sono legati al terreno su cui ‘si siedono’ e alle persone che siedono dentro di loro. Hanno una presenza senza pretese e un impatto modellato dalla grazia.”